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LOUIS FINSON
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LOUIS FINSON
(Bruges circa 1578–1617 Amsterdam)
Giuditta con la testa di Oloferne
Olio su tela, cm. 112 x 76,5
Questa interessante Giuditta e Oloferne è stata aggiunta al corpus autografo di Louis Finson (Bruges, 1578 ca. – Amsterdam, 1617) da diversi autorevoli studiosi caravaggisti, e situato nella sua produzione italiana, tra i primi del Seicento.
Il dipinto, inedito, raffigura un soggetto iconografico che riprende uno schema assai diffuso e collaudato che pone la Giuditta con la testa di Oloferne e la sua ancella al centro della composizione. Tale narrazione, diffusa anche nelle opere di Caravaggio e dei suoi seguaci a Roma a partire dal 1600 fino alla prima metà dello stesso secolo. Il dipinto, infatti, qui è rappresentato con un fondo scuro dal quale emergono le figure, realizzate con pennellate generose e pastose, piena di impeto e pregna di una luce rigorosa che penetra negli incarnati del viso e delle mani.
La storia della bella e giovane Giuditta che salva il popolo d’Israele dalla distruzione da parte dell’esercito assiro attraverso la sua astuzia e la fiducia in Dio decapitando nel sonno il generale Oloferne, ha affascinato generazioni di artisti, e nei primi anni del Seicento, Caravaggio ha creato una sorprendente rappresentazione diretta e violenta della scena di decapitazione.
Sia pur interessate da lievi restauri e ossidazione, la tela mostra comunque la sua qualità espressiva, con un carattere caravaggesco e naturalistico che conferma l'attribuzione al pittore fiammingo Louis Finson, durante il suo soggiorno a Roma e Napoli nel primo Seicento, pittore e mercante d'arte fiammingo, che ospitò Caravaggio nella sua bottega napoletana, ove è presente un clima e un gusto nordico appunto, come nordico era Finson.
A differenza del Merisi, il dipinto è una derivazione del famoso Giuditta e Oloferne ritrovato qualche tempo fa in una soffitta a Tolosa, di proprietà dell’antiquario Eric Turquin e da alcuni studiosi attribuito a Caravaggio, con la convinta contrarietà di altri, e della copia del medesimo soggetto attribuita al pittore fiammingo Finson, e conservata a Napoli nelle collezioni di Banca Intesa.
Il dipinto in esame potrebbe essere una delle interpretazioni più originali di questo soggetto, che dipinse quando era a Napoli. Finson è stato fortemente influenzato da Caravaggio che ha incontrato in città. Sembra probabile che siano stati lui e il suo connazionale Abraham Vinck (circa 1575-1619) a offrire rifugio a Caravaggio quando arrivò in città, dandogli un posto dove lavorare e trovando anche clienti per acquistare i suoi dipinti. Nato prima del 1580, il viaggio italiano di Finson deve essere iniziato qualche tempo prima che sia registrato a Napoli nel 1604. Il suo già citato compatriota Abraham Vinck era un mercante fiammingo e anche un pittore. La loro collaborazione ha portato i due artisti fiamminghi a stabilirsi rapidamente in città e sviluppare una reputazione artistica. I riferimenti documentaristici alle opere di Finson a Napoli sono inizialmente tutti ritratti, la sua attività con soggetti più ambiziosi risale a dopo la partenza di Caravaggio.
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